Negli ultimi tempi è un po’ sulla bocca di tutti. O se non di tutti, senz’altro degli appassionati del mondo carne.
Ci riferiamo al dry aging, una particolare tecnica di frollatura molto in voga negli Stati Uniti che sta prendendo piede in Italia, diventando voce ricorrente nel menu di ristoranti, pub e griglierie.
Ma prima parliamo di frollatura
Sull’argomento se ne sentono di cotte e di crude, per questo abbiamo pensato di approfondire fornendo pochi e semplici concetti. Se siete interessati vi proporremo degli ulteriori focus sul tema.
Prima di parlarvi di dry aging, però, è doveroso un breve ripasso sul concetto di frollatura.
Saprete che dopo l’abbattimento l’animale non è immediatamente edibile. La carne, infatti, può essere consumata solo se avviene la denaturazione proteica operata degli enzimi presenti nei tessuti carnei. Proprio questo passaggio, in cui si verifica l’intervento enzimatico, viene definito frollatura.
Naturalmente questo processo è simile ma non uguale per tutte le tipologie di carne: le variabili sono davvero tante, dunque i tempi di riposo variano a seconda del tipo di animale e dalla tipologia di taglio.
Cos’è il dry aging
Bene, a questo punto parliamo di dry aging, che letteralmente si traduce in frollatura a secco.
Questa tecnica, dicevamo, proviene da oltreoceano. In realtà si tratta di una pratica antica di trattamento della carne, rinnovata e messa a punto sia per migliorare la performance, sia per rendere i prodotti carnei più sicuri.
Sostanzialmente la carne subisce un lungo periodo di refrigerazione ad umidità controllata. In quest’arco temporale avviene un’asciugatura superficiale e, nell’arco di 5-8 settimane, il pezzo di carne cede fino al 20% dei suoi liquidi. Il dry aging differisce dal Wet Aging, la tecnica più diffusa di questi tempi, in cui tagli vengono fatti maturare sotto vuoto con una considerevole minor perdita di peso (e quindi maggior profitto) ed una più facile gestione.
Al termine del periodo di frollatura in dry aging il prodotto si presenta scuro in superficie, aspetto che potrebbe intimorire chi non ha mai assaggiato carne dry aged. Ma non temete: il prodotto è sicuro ed buonissimo, con un carattere organolettico deciso, per veri intenditori. Oltre la superficie si nasconde una carne rossa, vivace, tenera, marmorizzata alla perfezione, con un aroma unico, che ricorda l’arrosto.
Come si prepara
Questa carne è sempre più richiesta dai professionisti della ristorazione e il pubblico sta diventando molto curioso ed esigente. Il consiglio degli esperti è di affidarsi, per la preparazione, alla griglia o alla padella e di ultimare con una leggera salatura. L’altro consiglio è di cuocerla al sangue, per apprezzarne al meglio le peculiarità.