Si potrebbero dire molte cose sulle farine e sulla crisi del grano che stiamo attraversando. Molte, ma molte risulterebbero pure congetture.
Oggi vogliamo limitarci ad elementi certi che dovrebbero caratterizzare il pensiero di chiunque lavori nella filiera della panificazione, di chiunque abbia a che fare quotidianamente con la farina.
Un ingrediente tanto diffuso quanto prezioso.
Un ingrediente prezioso
Il primo che vi esponiamo è un pensiero etico. Ovvero che il cibo non c’è per tutti, e il pane è alla base del bisogno di alimentarsi. E la farina, per questo, rappresenta sempre un bene di primaria importanza. Per secoli – e, ahìnoi, ancora oggi – è il conteso tra classi abbienti, che ne hanno in abbondanza, e popoli affamati. Per chi fa pane oggi – panettieri, ristoratori, pizzaioli – questo assunto va preso in considerazione prima di tutto il resto. Prima delle fermentazioni spontanee, delle bighe, delle farine da grani antichi.
La farina buona. Si ma quale?
Il secondo è un pensiero qualitativo. Scienza e tecnica hanno corretto molte condotte sbagliate, riformulato pratiche di lavorazione, favorito l’affermarsi di ingredienti e strumenti più adatti ad ottenere pani più buoni, più equilibrati. Dire che “si è sempre fatto così” – come spesso ci capita di sentire da alcuni panificatori o pizzaioli – è un limite grandissimo. Ci sono tantissime strade oggi per migliorare le proprie sfornate e restare al passo con i tempi.
A tal proposito consigliamo il libro di Laura Lazzaroni, La Formula del Pane.
Un volume utilissimo per chi sente di non aver ancora individuato il proprio metodo e per chi avverte alcune lacune su aspetti puramente scientifici legati alla composizione del grano, delle farine, e soprattutto alla fermentazione naturale.
Per chi lavora con la farina è abitudine parlare di W (la forza della farina), un valore che si calcola a partire dall’area della curva generata dall’alveografo di Chopin, che misura quanta forza e quanto tempo sono necessari per far scoppiare un palloncino d’impasto.
Ma non tutti applicano correttamente nelle proprie lavorazioni i principi legati alla W e non tutti considerano la combinazione con altri due parametri: P, cioè la tenacità (la resistenza all’allungamento) e L, l’estensibilità (l’attitudine all’allungamento).
C’è da prestare molta attenzione… ogni farina ha le sue attitudini!
L’evento con Molino Bongiovanni del 21 Settembre in Amelia Food Lab (di cui vi abbiamo parlato in quest’articolo) sarà l’occasione per dare risposta a tutte le vostre curiosità e i vostri dubbi.
Restiamo ancora sul mondo Amelia3 perché oggi il nostro assortimento vi mette a disposizione un’ampia possibilità di scelta. In questi anni abbiamo arricchito l’offerta assecondando le esigenze dei nostri clienti e selezionando i migliori prodotti presenti sul mercato. In base alla destinazione d’uso potete scegliere la farina più adatta: la farina per pane, per pizza alla romana, tonda o alla napoletana; la farina ai cereali, quella integrale, le farine macinate a pietra, per grandi lievitati, per sfoglia, per croissant…
Chiedete al vostro agente di zona oppure scriveteci per avere la nostra consulenza!
Educhiamo al pane buono
L’ultimo pensiero, il terzo, è di natura economica. Per molto tempo affrontare il tema del prezzo legato al pane è stato tabù. Oggi non può più essere così!
Le materie prime buone, lo sapete bene, costano. Ma costano anche gli strumenti, l’energia impiegata, e pure la vostra professionalità deve essere riconosciuta. Parlate con i vostri clienti: spiegate che il pane buono va cercato, atteso, prenotato, e bisogna essere disposti a pagarlo il giusto. E se il suo destino è la tavola del vostro ristorante o il buffet della prima colazione del vostro hotel, perché non siete panificatori ma addetti all’ospitalità, al cliente il valore di quel pane va raccontato. Sarà più facile farlo apprezzare.